primo gusto
arancia e erba cedrina
Inaugurazione, 18.10.2024, 18:00
19.10.2024 – 30.03.2027
Salvatore Lacagnina
LAVINIA non è una mostra, non è un progetto, non è un programma.
Nasce per verificare alcune idee e mettere in discussione delle abitudini. Raccoglie i pensieri e le immagini di molti anni, riannoda i fili di molte ricerche: dagli Esercizi di immaginazione con Peter Friedl per Studio Roma, all'Istituto Svizzero di Roma, a quelle di Studio 14, a documenta 14, ad Atene – soprattutto – e a Kassel, In fondo al mare c'è un pesce palla. Favole, tradizioni e altri impostori. Per continuare con gli sviluppi di Studio Eine Phantastik alla Shedhalle di Zurigo. Paolo Do ne è stato compagno e istigatore, insieme a molte altre e a molti altri.
LAVINIA è un «esercizio di immaginazione». Ha inizio a partire dalla formula che usano le bambine e i bambini quando iniziano a giocare: «Facciamo che è…» con l’indicativo della realtà, non con il congiuntivo del desiderio e del dubbio.
Gli inizi però non sono neutrali e non sono fuori dalla storia, dallo spazio, dalle situazioni. Gli inizi sono la possibilità di narrare storie nuove in un luogo e in un tempo. Iniziare è un atteggiamento che tende a individuare le differenze, le discontinuità minime, germinali e non le somiglianze: «solo le immagini distanti sono paragonabili, non quelle simili». Bisogna evitare il «riconoscimento», che troppo spesso è solo una proiezione falsata del soggetto (quasi sempre un presunto soggetto plurale, per altro) che spinge a affermare: «questo lo riconosco», cioè «lo conosco già». È un atteggiamento diffuso che solitamente maschera il «so tutto» tipico dell’ignoranza, si direbbe in altre culture non occidentali.
La Loggia dei vini ospitava ricevimenti sfarzosi. Al centro dell’edificio era un tavolo di marmo per le cene. Si servivano i vini pregiati della collezione di Scipione Borghese. Nel parco della Villa Borghese erano presenti due delle rare neviere di Roma: pozzi profondi dove si conservava il ghiaccio in strati separati dalla paglia. Nei banchetti dell’epoca si servivano i primi sorbetti.
Oggi il gelato è uno dei dessert più diffusi al mondo, non più una specialità che può mostrare la ricchezza di una famiglia. LAVINIA è anche un gelato. Sette gusti, legati alle stagioni. Primo gusto: arancia e erba cedrina.
Facciamo che LAVINIA è una passeggiata.
La passeggiata si apre al cancello di via dell’Uccelliera, da dove parte un sentiero spontaneo, gli inglesi lo chiamano «desire path», sentiero del desiderio, uno dei tanti che si segnano nei parchi, per tagliare i percorsi, quasi sempre angolari, progettati dagli architetti.
Qui si materializza l’inizio di LAVINIA, grazie al lavoro di Ross Birrell & David Harding che ci conduce direttamente davanti alla Loggia dei vini.
La collaborazione artistica di Ross Birrell (nato nel 1969 a Paisley, Scozia) e David Harding (nato nel 1937 a Edimburgo, Scozia) è iniziata nel 2005 con il film Port Bou: 18 Fragments for Walter Benjamin, presentato in anteprima alla Kunsthalle di Basilea nel 2006.
Birrell, professore e ricercatore senior presso la Glasgow School of Art, utilizza mezzi espressivi diversi tra cui film, scultura, installazione, musica e testi per produrre opere che intrecciano contesti di poesia, filosofia, politica e luoghi. David Harding ha fondato l'influente Dipartimento di Arte Ambientale della Glasgow School of Art nel 1985. Il suo impegno con l’arte nello spazio pubblico lo ha portato a riconsiderare un'idea di opera che si concentra sul mezzo e considera il contesto come un aspetto equivalente, se non più importante, dell'opera d'arte stessa.
Le opere realizzate Birrell & Harding sono state esposte in mostre e istituzioni internazionali tra le quali: documenta 14, Kunsthalle Basel, Talbot Rice Gallery, Edimburgo, Glasgow International, Galeri Rotor, Göteborg, Istituto Svizzero di Roma, Museo Rufino Tamayo, Città del Messico, Portikus di Francoforte, Virginia Museum of Contemporary Art, Virginia Beach, Stati Uniti. La loro Symphony of Sorrowful Songs, un concerto per l'apertura di documenta 14, ha coinvolto l'Orchestra di Stato di Atene (ASO) e la Syrian Expat Philharmonic Orchestra (SEPO) ed è stata eseguita nella Megaron Concert Hall di Atene. Il concerto ha costituito la base dell'installazione cinematografica Tryptych, Trinity Apse commissionata per l'Edinburgh Art Festival (2018) e di un recital correlato con il Damascus Quintet della SEPO al Parlamento scozzese (2018).
... «LAVINIA», indica il segnale temporaneo di una nuova fermata Atac – la società che gestisce il trasporto pubblico di Roma.
LAVINIA non è la fermata che ci porta al lavoro, a fare shopping, al cinema o a visitare una mostra. LAVINIA è la fermata del tram dell’immaginazione.
Una scala di forma circolare, con una pendenza leggera invita a scendere verso la Loggia, realizzata tra il 1609 e il 1618 su progetto dell’architetto Flaminio Ponzio, ribassata rispetto al livello dei giardini, oggi circondata da una ringhiera e chiusa da un cancello, per le ragioni di sicurezza della società contemporanea. Nel Seicento ci si affacciava da un muro basso, con una vista che assomiglia a quella dei palchi dei teatri all’italiana, che si diffonderanno di lì a pochi anni.
Il cancello di accesso è probabilmente aperto. Se si presta attenzione tra i profili tutti uguali della ringhiera e del cancello, la maniglia di Monika Sosnowska ci invita a una stretta di mano, e ci porta a un tempo analogo della chiusura della loggia, gli anni Sessanta, Ottanta?, del Novecento ma in un luogo diverso, Varsavia. Le maniglie delle case, in quegli anni, erano tutte uguali, racconta l’artista, il cui lavoro è un’indagine e una riflessione critica dell’architettura modernista e non solo.
Sosnowska, forse, realizzerà un nuovo cancello per la Loggia, nella prossima fermata di LAVINIA, ma il futuro non esiste – dicono i fisici.
Il linguaggio scultoreo di Monika Sosnowska emerge da un processo di sperimentazione e appropriazione di materiali da costruzione come travi d’acciaio, cemento, tondini di ferro e tubi. Questi elementi – le solide e rigide fondamenta degli edifici – sono manipolati e deformati, assumendo un’indipendenza in cui la loro precedente funzionalità è implicita ma annullata.
Nelle sue opere recenti, Sosnowska ha incorporato elementi dell’architettura modernista e dettagli riconoscibili come scale, corrimano, cancelli e strutture di finestre per creare incontri inaspettati, persino inquietanti. Tratta gli edifici come un luogo della memoria ed è in grado di trasmettere un significato politico e psicologico attraverso il suo lavoro. L’artista cita le irregolarità architettoniche, mettendo insieme elementi diversi per formare un insieme che appare allo stesso tempo confuso, ma intenzionalmente progettato in modo attraente. Lo spazio viene percepito come una qualità psicosomatica, tanto politica quanto personale, che oscilla sempre nella mente dello spettatore tra il perturbante e il sublime. Sue opere sono state esposte in numerose mostre personali e collettive in diverse istituzioni internazionali, tra le quali: 13th Sharjah Biennial, Sharjah, Lebanon; Walker Art Center, Minneapolis MN; The Contemporary Austin, Austin TX; Indianapolis Museum of Art; Zachęta National Gallery of Art, Varsavia; Museum of Modern Art, Varsavia; Galleria Civica di Modena; Shanghai Biennale; Biennale di Venezia; Kwangiu Biennale; Manifesta 4, Francoforte; Den Haag Sculptuur, Den Haag; Witte de With, Rotterdam; Schaulager, Basilea; Centre Pompidou, Parigi.
Nel giardino di pertinenza Gianni Politi invita a sedersi, a sdraiarsi, a riposare, a prendersi una pausa. Tre panche in alluminio sono i calchi di tavole di legno che erano state scartate dall’artista. Sono gialle: non è troppo importante sapere perché.
Attraverso l’uso di materiali classici della tradizione pittorica ha sviluppato una pratica basata su processi che avvengono nello studio nel tentativo di generare immagini spontanee. Lo studio diventa quindi soggetto e oggetto di una produzione pittorica variegata e che sfocia anche nell’uso di sculture per narrare il quotidiano sforzo di dipingere oggi.
Gianni Politi è nato a Roma dove vive e lavora. Il suo lavoro in diverse istituzioni in Italia e all’estero tra cui: La Galleria Nazionale, Gallerie nazionali Barberini Corsini, Nomas Foundation, Maxxi, Macro a Roma; Triennale di Milano; Fonderia Battaglia, Milano; Palazzo Zino, Palermo; Istituto di cultura italiana, Praga; Celeste Prize, New York.
Se si percorre il giardino, senza farsi subito attrarre dall’edificio, sotto la scalinata d’accesso è presente una nicchia «abbandonata»: qui si trovava il ninfeo, con la scultura di un torso maschile reclinato su un fianco. Abbiamo chiesto a Enzo Cucchi di riportare l’acqua nella Loggia e pensare una nuova fontana. Cucchi invece ha voluto lavorare con il vuoto, realizzando una scultura in bronzo, che chiude la nicchia, esaltando lo spazio retrostante.
Poeta e pittore autodidatta, Cucchi è una figura chiave dell'arte italiana fin dagli anni Settanta. Conosciuto per i suoi dipinti altamente espressivi e lirici, continua a esplorare la materialità sperimentando vari media e contesti per espandere i confini del suo lavoro.
Enzo Cucchi (Morro d’Alba 1949, vive e lavora a Roma).
Le sue opere sono state esposte in numerose mostre personali e collettive internazionali tra le quali: Kunsthalle di Basilea; al Guggenheim Museum, New York e Bilbao; Stedelijk Museum di Amsterdam; Tate Gallery di Londra; Biennale di Venezia; Biennale di Parigi; Biennale di Sydney; documenta 7, Kassel; Zeitgeist, Berlino; Kunsthaus Zurich; Caja de Pensiones, Madrid; Centre Georges Pompidou, Parigi; Lenbachhaus Monaco; Sezession, Vienna, the Museo Luigi Pecci, Prato; Galleria Civica di Modena; Kunsthalle Hamburg; Fundaciò Joan Mirò, Barcellona; Carrè d’Art, Nîmes; Maxxi, Roma; Culturgest - Fundação CGD, Lisboa.
Proseguendo, è Piero Golia che ha riportato l’acqua nella Loggia con una fontana portatile quasi magica. Negli spettacoli di magia, non è importante scoprire il trucco: si deve cercare la meraviglia.
Residente a Los Angeles dal 2002, Piero Golia (Napoli 1974) è uno scultore di situazioni. Le sue opere – che a volte prendono forma fisica, spesso su scala architettonica, e altre volte sono immateriali – sono dichiarazioni volte ad ampliare le possibilità dell’arte. La sua pratica è eterogenea e imprevedibile e impiega mezzi e metodi diversi per innescare reazioni a catena che, anche quando non lasciano oggetti o immagini, hanno la capacità di alterare la nostra percezione.
Il suo lavoro è stato esposto in numerose mostre personali e collettive tra le quali: Castel Sant’Elmo, Napoli; Istituto Svizzero (Roma, Venezia); Biennale di Venezia (Arte e Cinema); Stedelijk Museum, Amsterdam; Villa Medici, Roma; La Fondazione, Roma; Nasher Sculpture Center, Dallas; Kunsthaus Baselland, Basilea; Museo Jumex, Mexico City; Site Santa Fe, 7a Biennale di Santa Fe; Le Carré d’art, Nîmes; Sculpture Center, New York; Museo de Arte Contemporáneo de Castilla Y León, León. Suoi lavori sono nelle collezioni di importanti musei come Los Angeles County Museum of Art; Stedelijk Museum, Amsterdam; Witte de With, Rotterdam; and MoMA PS1, New York.
È il momento di entrare tra le colonne della Loggia. Virginia Overton ha creato uno strumento musicale, che suona con il vento, o può essere suonato da chi lo desidera, con cautela. I due bracci che reggono gli elementi di questo chime hanno la forma ovale della Loggia, e ci invitano al centro dell’edificio. La scultura-strumento è realizzata con parti di una moto Ducati che le è stata donata in Toscana. Ma anche in questo caso, l’opera è un invito a guardare altrove. Se si alza lo sguardo, si osserva l’affresco, appena restaurato, che ritrae il Convito degli dei (1619) di Archita Ricci. Intorno a una lunga tavola in marmo sono sedute le principali divinità dell’Olimpo: a capotavola sulla sinistra siedono Giove e Giunone (figure purtroppo quasi scomparse) con Ganimede che porge il vino. Seguono, in senso orario, Plutone, Apollo, Diana, Mercurio (figura completamente scomparsa), Marte e Venere con Cupido e tre Putti alati che versano vino e gettano fiori sulla tavola.
A partire da un’etica dell’economia, Overton impiega materiali quotidiani ed elementari per confrontarsi con un sito, la sua posizione geografica e la sua storia. Tavole di legno, travi, metallo, fango, cartongesso e mattoni - oggetti comunemente associati al lavoro edile o all’agricoltura - vengono tagliati, piegati, impilati e martellati in modo da dare loro forma, spesso spingendo il materiale al suo limite fisico. Gli oggetti utilizzati possono essere recuperati e riciclati da un progetto all’altro, trovati in loco o nei dintorni dello spazio espositivo. Evocando la potenza e la qualità sensoriale della propria materia, le sue sculture e installazioni, attraverso la loro nuova funzionalità, espongono l’energia e le associazioni racchiuse nelle loro parti. «Mi piace che l’opera agisca come un marcatore della sua storia, lasciando che i difetti accumulati si manifestino nei pezzi, e che parli dei modi in cui i materiali sono stati usati».
Virginia Overton è nata a Nashville, Tennessee, nel 1971; vive e lavora a Brooklyn, New York.
Overton ha esposto in numerose mostre personali e collettive in Europa e negli Stati Uniti, tra le quali: Frist Art Museum, Nashville; Goldsmiths CCA, Londra; Socrates Sculpture Park, New York; Museum of Contemporary Art Tucson, Arizona; Whitney Museum of American Art, New York; Aldrich Contemporary Art Museum, Ridgefield, Connecticut; Museum of Contemporary Art, Miami; Westfälischer Kunstverein, Münster, Germania; Kunsthalle Bern, Svizzera; The Power Station, Dallas, Texas; The Power House, Memphis, Tennessee; Biennale di Venezia; Hypermaremma, Orbetello; The Ranch, Montauk, New York; Hayward Gallery, Londra; Front Triennial, Cleveland; Museum of Contemporary Art, Detroit,; Institute of Contemporary Art, Philadelphia.