Il luogo
Il complesso architettonico, costituito dalla grotta e dalla loggia dei Vini, venne realizzato nell’arco di circa un decennio a partire dal 1609, contestualmente ai lavori di edificazione del Casino Nobile di Villa Borghese. La loggia, in particolare, costituisce un originale manufatto ideato appositamente per i banchetti e le feste conviviali del cardinale Scipione Borghese (1575-1633), nipote di papa Paolo V (1605-1621). Il «tinello de’ li gentil’ homini», come il luogo veniva talvolta definito nelle fonti seicentesche, era perfettamente inserito in uno dei ventitré riquadri che scompartivano il cosiddetto «Primo Recinto», la zona del parco sistemata a giardino formale. La loggia costituiva lo scenografico fondale di uno dei viali laterali, che intersecavano lo stradone principale di accesso al Casino Nobile e risultava ben visibile a tutti gli ospiti che si recavano in visita dal cardinale. Attraverso un percorso ombroso si accedeva tramite una scala a doppia rampa all’invaso del padiglione, delimitato da alti muri ricoperti d’edera, «tappezzeria proporzionata all’habitazione del Dio Bacco» (Manilli, 1650, p. 22).
Le fonti archivistiche testimoniano di due diverse fasi costruttive. Entro il 1609, sotto la direzione dell’architetto Flaminio Ponzio, venne scavata la grotta, la «copiosissima dispensa di nettari e d’ambrosie» (Manilli, 1650, p. 24), destinata alla conserva dei vini e collegata alle cucine del Casino da un cunicolo sotterraneo. Tra il 1612 e il 1618 furono invece condotti i lavori di costruzione della loggia, un’architettura a pianta ovale, costituita da otto grandi arcate su pilastri in tufo del Tuscolo o «pietra sperone», con basi e capitelli in travertino, collegata da un’ampia gradonata alla grotta sottostante, sotto la supervisione di Giovanni Vasanzio, subentrato nel ruolo di architetto della villa nel 1613, alla morte del Ponzio.
Numerosi mandati di pagamento relativi alla lavorazione dei blocchi di tufo attestano la presenza in cantiere dello scalpellino Vincenzo Soncino tra il 1612 e il 1613 (Archivio Borghese). Al 1617 risale invece la realizzazione della decorazione a stucco dei pennacchi e della cornice ovale dell’affresco sulla volta, riferibile ai due fratelli mastri muratori e stuccatori Marcantonio e Pietro Fontana, in associazione con Santi Fiamberti, attivi nei medesimi anni all’Uccelliera di Villa Borghese e in diversi altri cantieri legati alla committenza Borghese, tra cui la cappella Paolina al Quirinale e la chiesa di San Crisogono.
L’originaria sontuosità del complesso è testimoniata dalle fonti letterarie (Manilli, 1650, Montelatici, 1700) che ricordano la presenza di due sfingi egizie poste ai lati della rampa di accesso all’invaso, oggi alla Ny Carlsberg Gliptotek di Copenaghen, di una fontana rustica incassata nel sottoscala con una statua di divinità fluviale, di cui restano oggi alcuni «tartari» dell’originaria scogliera, e di otto grandi uccelli in peperino, collocati a coronamento della copertura, opera dei fratelli scalpellini Agostino e Belardino Radi insieme a Lorenzo Malvisti. Lungo il perimetro dell’invaso erano poste due tavole marmoree destinate a «credenza e bottiglieria», mentre al centro della loggia era collocato un grande tavolo di marmo bianco, realizzato anch’esso dai Radi e da Malvisti, su cui erano stati praticati degli incavi, in cui scorreva acqua per mantenere fresche le bevande nei bicchieri. Per stupire ulteriormente i commensali era stato infine montato un congegno meccanico sul soffitto, che consentiva di riversare una pioggia di petali profumati sugli ospiti al termine del convito.
Tra il 1617 e il 1618 venne infine realizzato l’affresco con il Convito degli dei sulla volta, opera del pittore urbinate Archita Ricci, attivo in quegli anni nella chiesa di San Sebastiano fuori le Mura e in diversi altri cantieri di committenza Borghese (Santolini, 2003). In una carta dell’archivio Borghese del 20 ottobre 1617 viene ricordata la realizzazione del «ponte alla volta della loggia per dipingere li peducci», data che costituisce un prezioso terminus post quem per l’inizio dei lavori di decorazione pittorica della volta. Secondo la descrizione del Montelatici, fondamentale per la ricostruzione iconografica degli affreschi, il pittore aveva realizzato sulle pareti tra gli archi «le nove Muse di natural grandezza con Istromenti musici nelle mani, e con teste sotto di mascheroni» mentre sulla volta «il convito degli dei, entro un ovato abbellito intorno da festoni di stucco di gentil lavoro».
Bibliografia:
A. Campitelli, Villa Borghese da Giardino del Principe a Parco dei Romani, Roma 2003, pag. 91-95.
E. Federico, "Il tinello de’ li gentil’homini", in Mura di Roma. Memorie e visioni della città, Roma 2018, pag. 51-52.
B.M. Santese, «La grotta dei vini a Villa Borghese», in C. Biasimi Selvaggi (a cura di), Degustazioni d’arte. Enologia mitica, spirituale, simbolica e metafisica nelle collezioni pubbliche di Roma, Roma 2004, pag. 10-12.
B.M. Santese, "Grotta dei vini di Villa Borghese", in V. Cazzato, M. Fagiolo, M.A. Giusti (a cura di), Atlante delle grotte e dei ninfei in Italia, Milano 2001, pag. 209-212.
S. Santolini, «Il Convito degli Dei nella grotta dei vini», in C. Biasimi Selvaggi (a cura di ), Degustazioni d’arte. Enologia mitica, spirituale, simbolica e metafisica nelle collezioni pubbliche di Roma, Roma 2004, pag. 14-17.